Felice Carbonera (Vervio 19.10.1819-13.2.1881). Menomato nella parola e nell'udito, dal 1832 al '37 studiò nell'Istituto per sordomuti di Milano, poi, dal 1847 al '48, fu educato privatamente alla parola dal maestro Bianchi di detto istituto e divenne a sua volta maestro di sordomuti, in particolare di famiglie povere. Studiò contemporaneamente pittura e dipinse diverse pale d'altare giudicate pregevoli e numerosi ritratti. Aveva sposato Marta Lucini, forse di Tirano.
Il museo possiede un suo ritratto della N.D. Rosalinda Quadrio Menatti di Chiuro.
Delle sue opere, oltre al ritratto del museo, si conoscono:
- i ritratti di Carolina Merizzi ved. Scola e di suo figlio Carlo (in ricordo del quale la madre costituì suo erede l'Ospedale di Tirano), oggi nel patrimonio dell'ASSL (http://www.lombardiabeniculturali.it/opere-arte/autori/30981/);
- affresco raffigurante S. Rocco, San Giuseppe e S. Marco nella chiesa della B.V. di Caravaggio di Tovo di Sant Agata (1879);
- tela raffigurante la morte di S. Giuseppe nella chiesa di S. Antonio di Livigno.
Inoltre gli sono attribuite:
- la tela raffigurante la Sacra famiglia nella chiesa di San Nicolò Valfurva;
- la tela dell'altare nell'oratorio dell'Angelo Custode di Tirano;
- il ritratto dell'arciprete Ambrogio Carbonera conservato nella casa arcipretale di Sondrio e un tempo attribuito al Caimi. Don Ambrogio Carbonera (Vervio 1790- Sondrio 1848) era zio del pittore ed era stato prevosto di Vervio, poi di Tirano e infine, per pochi mesi, arciprete di Sondrio.
bcl